Come lasciare il lavoro e cambiare vita?
La scelta di Francesca Praga
Sei tra le donne che, almeno una volta, si sono chieste come lasciare il lavoro e cambiare vita?
Molto spesso ci balena questo pensiero in testa. Magari facciamo un lavoro che non ci soddisfa e avremmo bisogno di un bel cambio di rotta oppure capita che il lavoro ci piaccia, ma l’impegno che richiede sia davvero troppo per poterlo conciliare con le esigenze personali. Ci sono donne che continuano a rimanere nella stessa situazione, ma ci sono altrettante donne che con tanto coraggio decidono di cambiare dando un taglio netto.
La PinkIntervista di questa settimana è dedicata a una donna che un bel giorno ha realizzato di non voler più continuare a vivere come aveva fatto fino a quel momento. Il suo lavoro le piaceva, ma non era ciò che la rendeva felice perché non le permetteva di seguire la sua famiglia come lei riteneva fosse giusto. Ha deciso, quindi, di lasciarlo e di cambiare davvero vita.
Oggi la PinkIntervista è dedicata a Francesca Praga, in arte Gina Barilla, una donna che ha lasciato il suo lavoro da infermiera per cambiare vita. Si è così reinventata, per potersi prendere cura dei suoi 3 bambini. Curiosa di sapere come ha fatto?
1) Raccontaci un po’ di te
Mi chiamo Francesca, ho 38 anni e da qualche anno a questa parte sono una funambola che cerca costantemente un equilibrio tra la vita familiare e quella lavorativa.
Prima di avere figli ero un’infermiera di terapia intensiva, lavoro che ho mantenuto al rientro della maternità del primo figlio, non senza difficoltà. Al momento del rientro dalla maternità del secondo figlio non ho trovato, con l’azienda per la quale lavoravo, un accordo che soddisfacesse i miei e i loro bisogni, così mi sono licenziata e sono andata a lavorare sul territorio come infermiera libero professionista.
Incinta della terza ho capito che non ce l’avrei fatta a trovare un punto di incontro tra il lavoro, la disponibilità della nonna nell’aiutarmi, i turni di mio marito e i bisogni dei bambini. Così ho investito le mie energie in un progetto diverso, che mi desse maggiore flessibilità. Oggi ho un blog, insegno alle mamme a portare in fascia i propri figli e tengo laboratori di lettura e creativi per bambini.
Insieme a mio marito, i nostri tre bimbi e il gatto vivo in un Comune della campagna Lombarda.
2) Qual era il tuo sogno all’inizio?
Non sono mai stata una di quelle persone che hanno in testa fin da piccoli la loro strada. Ogni giorno mi immaginavo, da grande, sempre diversa. E anche quando sono diventata grande, non mi sono mai sentita “immersa nel mio sogno”. Ho solo una piccola certezza, che poi è quella che mi spinge ogni giorno a lavorare per trovare la rotta: sentirmi felice e sentire che le persone intorno a me lo sono altrettanto.
3) Sei riuscita a realizzarlo come volevi?
Sì, ad oggi posso dire di sì anche se non per questo mi sento “arrivata”, so che la vita mi riserverà altro un domani, perché la ricerca della felicità non termina mai.
In questo momento, con fatica, costanza, pazienza sto coltivando la mia, anzi, la nostra felicità: sto facendomi strada in una nuova vita lavorativa, sto cercando il mio spazio, coltivo nuove idee e le cresco con amore e dedizione. Dall’altra parte sono una mamma presente nella vita dei miei figli, in grado di rispondere al meglio a tutti i loro bisogni (beh, non da sola, eh! Con tre figli non si può pensare di farcela da soli!)
4) Qual è stata la tua motivazione più forte?
La felicità. Volevo alzarmi al mattino ed essere felice, fermarmi in un momento qualsiasi della giornata e sentirmi felice, andare a letto la sera e sentirmi felice. Fare la mamma e avere un lavoro oggi è considerato quasi un dovere, ma è la cosa più difficile del mondo. Da qualsiasi punto di vista la si guardi, la coperta è sempre troppo corta. Se si ha un lavoro a tempo pieno il tempo per stare con i figli è poco, se non si ha un lavoro pare che manchi la parte del sostegno economico alla famiglia. Io ho lavorato e sto lavorando per trovare la giusta misura a questa coperta.
5) Qual è stata la tua paura più grande?
Di non farcela. Di dover cedere e tornare a fare un lavoro da dipendente che, in questo momento della vita, non si incastrerebbe al meglio con i bisogni dei bambini. Ho paura di non sentirmi più così felice come mi sento ora, di rivivere la fatica e la frustrazione che, comunque, ho provato quando sono rientrata dalla prima maternità: essere un infermiere non è un lavoro facile (per quanto sia il lavoro che ho amato di più in assoluto) sia dal punto di vista emotivo che organizzativo. I turni portano a uscire e rientrare a casa ad orari strani, a non essere presente quando i bambini hanno bisogno o hanno impegni improrogabili (ad esempio la recita, che magari non è un evento capitale nella mia vita, ma nella loro sì) perché sono piuttosto rigidi ed è difficile poterli cambiare.
6) Quanto tempo hai impiegato a realizzarlo?
Beh, credo di averci cominciato a lavorare, dentro di me, poco più di 6 anni fa, quando aspettavo il mio primo bambino. E ci sto ancora lavorando… anzi, credo sia una cosa per la quale non smetterò mai di lavorare.
Oggi ho un lavoro che mi soddisfa, ma che ha bisogno costantemente di essere coltivato per poter crescere. E poi credo fermamente che nulla abbia una fine, soprattutto quando in mezzo c’è la creatività e la crescita personale e professionale.
7) Hai avuto bisogno dell’aiuto di qualcuno?
Beh, ci tengo ad essere una buona professionista, perciò faccio costantemente dei corsi sia per acquisire un titolo che conoscenze.
Per insegnare a portare i bambini in fascia occorre avere una certificazione, che mi renda idonea e che si ottiene al termine di 1 anno di percorso, e per mantenerla occorre fare nel tempo dei corsi di aggiornamento. Questa attività la svolgo attraverso il blog, che non è più frutto di improvvisazione, passione e del saper scrivere, occorre un vero sapere sia tecnico che organizzativo.
8) Quanto ha influito l’appoggio delle persone vicine a te?
Tantissimo. Non solo l’appoggio di mio marito, che è sempre stato incondizionato, ma anche quello dei miei genitori e di mia suocera. A meno che uno non si trovi in una condizione di assoluta necessità, trovo assurdo non appoggiarsi alle persone che ci stanno intorno e che ci vogliono bene. Ogni mia decisione è stata discussa con tutti, sempre.
9) Se chi ci legge volesse realizzare un progetto simile al tuo, quale sarebbe il consiglio che ti senti di dare?
Di farlo! Chi sono io per spingere qualcuno verso l’infelicità?
Scherzi a parte, come ogni progetto che prevede “il grande salto” da un lavoro sicuro ad uno più dinamico, ma anche più instabile, occorre una buona fase di preparazione e studio. Qualsiasi mossa lavorativa abbia fatta, l’ho fatta meditandola, studiandola, cercando di capire quale era il bisogno esistente e come potevo andare a rispondere a questo ma, sopratutto, quale ritorno economico ne potevo avere.
Ultimo, ma non meno importante: ogni passo che ho fatto è stato concordato con la mia famiglia. Senza il loro sostegno (e la loro pazienza!) non ce l’avrei mai fatta.
10) Dai un consiglio alle donne che ti stanno leggendo e che hanno un sogno nel cassetto
Il consiglio che voglio dare è di buttare giù un elenco dei pro e dei contro del loro sogno, di guardarsi intorno, di fare una chiacchierata con chi sta portando avanti un progetto simile e con la propria famiglia, assicurandosi di avere sempre il sostegno necessario.
E poi, quando c’è una strategia chiara, bisogna agire e non farsi prendere dalla tentazione di fare un bilancio prima di 1 anno dalla partenza, perché spesso le cose hanno un inizio lento e i frutti si cominciano a raccogliere dopo parecchi mesi di lavoro.
Non compro giornali femminili, però ne ho creato uno. Ho 39 anni, ho un compagno (ora marito) da 13, convivo da 12 e sono mamma da 4. Vorrei un mondo in cui le donne siano più consapevoli delle loro potenzialità.
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