Gravidanza desiderata

Da domani tu #2

Storia di una gravidanza a lungo desiderata

 

Continua il racconto di Daniela e della sua gravidanza tanto desiderata. Un racconto di speranza e di gioia. Se vuoi leggere la prima parte, clicca qui.

 

Io, incinta? Io, che aspetto un bambino? Io, che respiro insieme a nostro figlio?

Noi: increduli, confusi, pazzi di gioia. Noi che ci guardiamo senza parlare, che evitiamo persino di toccarci timorosi che l’incantesimo possa svanire, a chiederci se tirando il fiato più forte potrei fargli male.

Lunedì mattina telefono al ginecologo, il quale scoppia a ridere di gusto e mi dice “meno male che la medicina dovrebbe essere una scienza esatta!”. Conferma l’appuntamento per il martedì della settimana successiva e, viste le premesse, stabilisce di procedere anche con la prima ecografia.

Lì il nostro perfetto sogno di cristallo è andato in pezzi: 9 settimane e non c’è battito cardiaco. Non riuscivo a fare altro che pensare che se avessi fatto il test prima, in qualche modo avrei potuto proteggerlo. Pare che non sia così; ma tanto non lo sapremo mai.

Di nuovo a guardarci senza parlare, timorosi perfino di toccarci ma questa volta per non lasciarci sopraffare, incapaci di sopportare ciascuno il proprio dolore ed il dolore dell’altro. Insieme, con le mani ancora strette, ma gli occhi pieni di lacrime.

Un momento veramente difficile da affrontare, anche perché il raschiamento è stato fatto 15 giorni dopo (non c’era posto in ospedale) e per 15 giorni ho dovuto cercare di non illudermi che in qualche modo potesse tornare a respirare. Mi hanno fatto il raschiamento il giorno di San Valentino del 2008. La sera siamo tornati a casa, a fare finta che andasse tutto bene.

La vita è talmente forte, che poi ad un certo punto inizia ad andare tutto bene. Quasi.

Sei mesi dopo – ormai di anni ne ho 42 – il ginecologo mi suggerisce che, se è nostro desiderio riprovarci, sarebbe meglio rivolgersi ad un centro di fecondazione assistita per ridurre al minimo le possibilità di insuccesso e accelerare il più possibile i tempi. Ci consiglia un collega che ha il centro medico nella nostra città e così prendiamo appuntamento.

Burbero, secco nei modi, poco comunicativo, il ginecologo mi visita. Prende visione di tutti gli esami e ci dice che non vede né perché sì né perché no, se pur “ricordo esattamente i nomi delle pazienti con più di 40 anni e un percorso felicemente risolto. Non perché abbia buona memoria, ma perché sono veramente poche” e conclude ammonendoci che “nell’ambulatorio si pratica esclusivamente la UIU (tecnica di I° livello – fecondazione intrauterina) e si ripete soltanto 3 volte per evitare accanimenti immotivati e deleteri per il benessere della donna… poi, al limite, si valutano altre soluzioni”.

La UIU prevede la stimolazione ovarica attraverso adeguata terapia farmacologica, il monitoraggio della maturazione degli ovuli e l’inserimento degli spermatozoi direttamente all’interno della cervice uterina. Poi si tratta di aspettare.

È di nuovo novembre e facciamo la prima inseminazione: le beta Hcg (gli ormoni della gravidanza) nel sangue non salgono. L’inseminazione non è riuscita. Mi ero detta di non sperarci troppo, di prendere le distanze. Ovviamente, non l’ho fatto! Ovviamente ci speravo, ci credevo, lo sognavo. Stampati un sorriso sul viso e vai avanti. È quello che si deve fare, no?

Ci riproviamo a gennaio. Il 23 gennaio. Dopo l’inseminazione, ti fanno stare coricata mezz’oretta, poi ti mandano a casa e ti dicono di condurre la tua vita normale. Mia sorella mi aveva raccontato di un’amica che – su suggerimento di un’altra amica- era stata coricata qualche giorno dopo la fecondazione e tutto era andato bene. Tentar non nuoce… prendo due giorni di ferie e, arrivata a casa, mi distendo.

Quando fai la fecondazione assistita non aspetti la data di arrivo del ciclo, ma già 15 giorni dopo controlli l’andamento delle Beta Hcg. Al primo esame del sangue le beta Hcg stanno lì “in zona Cesarini”. Non si capisce bene: forse la gravidanza è partita, forse si è fermata. Forse. Ma quanti “forse” siamo in grado di sopportare?

Ripetere gli esami dopo una settimana. Aspettare 3 giorni per ritirare il risultato. E poi tenere la busta in mano e pensare che, finché non la apri, puoi continuare a sognare. Sognare ancora un po’ che male può fare?

Ho appuntamento dall’oculista e sono in piedi, nella sala d’aspetto, davanti ad un grande specchio. E mi guardo. Non posso più aspettare. Deve essere adesso. Devo saperlo adesso. Credo di non aver respirato.

Tutte le volte che vado dall’oculista, piango! La gente mi guarda impietosita e pensa che il medico mi abbia comunicato una diagnosi terribile. Non sanno che in quello studio, un giorno di inizio febbraio del 2009, sono nata per la seconda volta.

Che ho riso e pianto insieme. Che ho lasciato lo studio senza fare la visita. Che non camminavo ma volavo, mentre mio marito – al telefono – mi ripeteva “ma sei sicura?”.

E un percorso sofferto e difficile, si è trasformato in una gravidanza perfetta.

E adesso è già mattina. Ho 43 anni compiuti e ti tengo fra le braccia per la prima volta. Domani è diventato adesso. Non riesco a crederci, ma è andato tutto bene: tuo papà ha una faccia che fa tenerezza, fra l’incredulo e il miracolato, io so che adesso tutto ha un senso. So che l’universo è ritornato al suo posto. So che sono “la tua mamma”.

Sono passati 8 anni. La notte, nel silenzio, ascolto ancora il tuo respiro.

Condividi il nostro articolo Pink!

Articoli simili

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

2 Commenti

  1. Daniela non l’avevo mai letto tutto! Emozionante.
    Mi riconosco in moltissime delle tue parole, sarà questo…o sarà che gli ormoni della gravidanza ti restano dentro per sempre…ma potessi ora ti abbraccerei.

    1. Ricambio l’abbraccio!!! E’ vero che gli ormoni della gravidanza ti restano dentro per sempre…e quelli delle gravidanze difficili, restano in un posto segreto e miracoloso. Quando dico “mio figlio”, a tutt’oggi mi batte il cuore forte forte!!!