Qual è la differenza tra un “amore sano” e un “amore malato”?
A conclusione del mese di febbraio, il mese dedicato all’amore, affrontiamo un argomento che riguarda l’altra faccia di questo sentimento.
Abbiamo chiesto a Elena Mattioli di spiegarci la differenza tra un amore sano e un amore “malato” attraverso alcune domande.
Il mese di febbraio volge al termine e in questo mese dedicato all’amore ci tenevo a parlare di ciò che a volte si cela dietro la parola “amore”.
Quando si parla di amore, il primo pensiero è a tutto ciò che c’è di più bello di questo sentimento.
Eppure se fosse solo questo non saremmo costrette ad ascoltare o leggere di donne vittime dei loro compagni.
Perciò ho deciso di rivolgere alcune domande a Elena Mattioli, psicologa e psicoterapeuta transpersonale, per conoscere più da vicino cosa significhi “amore malato” e soprattutto quale sia la differenza tra amore sano e amore malato.
La mia speranza è che tra chi leggerà questo articolo possa esserci almeno una donna che riesca a salvarsi da un “amore malato” e non rischiare che questo sfoci in ben altro.
Se, invece, ti trovi qui per semplice curiosità, condividi questo articolo sui tuoi profili social, tra i tuoi followers potrebbe sempre nascondersi una donna alla ricerca di aiuto.
Ora passiamo alle domande che ho posto a Elena e scopriamo assieme qual è la differenza tra un amore sano e un amore malato.
La differenza tra un amore sano e un amore malato: intervista alla psicologa Elena Mattioli
Quando si parla di “amore malato” a cosa ci si riferisce?
L’amore ‘malato’ è quell’amore che “fa male”, che mette colui o colei che lo prova e che lo vive in una condizione disarmonica, in uno stato psico-fisico-emozionale disfunzionale.
Tale condizione non fa distinzione di genere. Nell’immaginario collettivo si attribuisce questo genere di vissuto alla figura femminile. In realtà anche il genere maschile non ne è escluso.
La relazione stessa diventa malata nella misura in cui si perde il senso identitario.
Chi vive questa situazione si trova a essere in una condizione di subordinazione, arrivando a una abnegazione di sé fino a sviluppare, in taluni casi, una vera e propria forma di dipendenza dall’altro che viene definita “dipendenza affettiva”.
Qual è la differenza tra “amore sano” e “amore malato”?
Partiamo dal presupposto che ciascun essere umano ha una serie di bisogni che vengono definiti secondari, in quanto il soddisfacimento di tali bisogni è subordinato alla soddisfazione dei bisogni detti primari, cioè legati alla sopravvivenza dell’individuo (quali, ad esempio, alimentarsi, bere, respirare, dormire, evacuare, riprodursi).
Tra i bisogni secondari si annoverano i bisogni di “amarSI” ed “essere AMATI”.
Partirei proprio dal bisogno di “amarSI”. Chi è l’individuo che si ama e che, dunque, soddisfa questo bisogno?
È una persona che “ha a cuore se stessa”, che si vuole bene, che si rispetta e rispetta e asseconda il proprio desiderio di esprimersi ed esternare “ciò che è, così com’è”, senza indugio, senza sentirsi inferiore o non abbastanza, senza giudizio.
Una persona che nutre questa affezione verso se stessa avrà un buon livello di autostima e di fiducia in sé e si approccerà alle relazioni interpersonali, ivi comprese quelle affettive, partendo da una buona base di sicurezza.
Tale individuo non avrà bisogno di trovare nell’altro da sé un senso di completezza, ma vivrà l’altro come un arricchimento, mantenendo il proprio assetto identitario (principi, valori, visione, missione, scopo).
La vita non sarà in funzione dell’altro ma insieme all’altro.
Questo è un passaggio importante in quanto rappresenta la linea di demarcazione tra amore sano e amore malato.
Infatti una persona sicura, che non teme l’abbandono, è nella condizione di costruire una relazione sana.
Secondo attendibili teorie scientifiche sull’attaccamento, il tipo di rapporto sentimentale che un adulto instaura dipende in larga parte dal modello relazionale e affettivo avuto durante l’infanzia, in riferimento ai caregiver (in particolare, i genitori).
Si è notato che bambini che hanno avuto legami genitoriali sicuri possiedono gli strumenti per sviluppare relazioni amorose serie e durature. Il dialogo, la condivisione e il rispetto reciproco rappresentano i fattori indispensabili in qualsiasi rapporto sentimentale.
Al contrario, le omissioni, le bugie, la subordinazione sono certamente i segnali di un disagio relazionale che può indurre ad atteggiamenti non sani, quali, ad esempio, morbosità, eccessiva gelosia, violenza.
Quanti tipi di amore malato esistono?
Si possono individuare diversi tipi di amore malato, ognuno contraddistinto da specifiche peculiarità.
Le principali cause di questi rapporti malati sono attribuibili a traumi legati alla dimensione affettiva, che hanno segnato profondamente l’equilibrio psico-emotivo della persona, determinando problemi di autostima.
- Amore narcisista. Questo tipo di rapporto è caratterizzato dal dominio, dalla prevaricazione, dalla squalifica da parte di un partner nei confronti dell’altro. È un tipo di relazione basata sul controllo, sul dominio, sulla manipolazione del partner.
- Amore vittimista. È un tipo di relazione basata sulla dinamica “vittima/approfittatore”, in quanto chi tende a fare la vittima prova un senso di inferiorità che lo induce a ricercare protezione, indulgenza, commiserazione. E se l’altro partner è incline al senso di colpa, si lascia facilmente dominare, cedendo a questa forma di velato ricatto al fine di non pregiudicare l’equilibrio emotivo della controparte. In tali situazioni la vittima finirà per essere in una posizione di dominio.
- Amore oppressivo/ossessivo. Alla base di questo amore c’è la gelosia, che condiziona la modalità relazionale dei partner, limitando la libertà di coppia: il “geloso” deterrà il controllo mentre la vittima si sentirà in dovere di giustificarsi, scusarsi fino a evitare le situazioni che possano scatenare le condotte controllanti e le modalità ossessive del partner.
- Amore co-dipendente. È la relazione che si instaura quando entrambi i componenti della coppia sono dipendenti tra loro. È un amore caratterizzato dalla dinamica “vittima e carnefice”, nella quale i partner si fanno vicendevolmente molto male.
- Dipendenza affettiva. È basata sul fatto di non riuscire ad allontanarsi dal partner a causa di un profondo senso di insicurezza e/o inadeguatezza. Questo implica una significativa limitazione della libertà e del potere personale, fino a strutturare una vera e propria forma di dipendenza dall’altro che diviene la sola e unica ragione di vita.
Perché un amore malato è sbagliato?
All’interno di un amore malato si sviluppano spesso dei vissuti quali la paura, l’auto-colpevolizzazione e la perdita di autostima e si innescano dei meccanismi invischianti che possono arrivare a vere e proprie forme di ricatto psicologico, stalking e violenze psico-fisiche.
Riconoscere la disfunzionalità della relazione e uscirne non è facile e sovente la stessa vittima finisce per non dar seguito agli ammonimenti delle persone a lei vicine, che cercano di metterla in guardia.
Quali sono i segnali per riconoscere se si sta vivendo un amore malato?
L’amore dovrebbe darti serenità, farti sentire te stessa e a tuo agio da sola e in coppia.
La cosa più importante prima di tutte è amare sé stessi!
Quando l’amore si trasforma in patologia subentrano alcuni segnali inequivocabili (come quelli descritti sopra), su cui è importante focalizzare l’attenzione per riconoscere un sentimento diventato ormai tossico.
Inizia col chiederti:
- che caratteristiche hanno le relazioni che instauro?
- cosa cerco nell’altro?
- conosco le mie emozioni e cosa le determina?
- quali sono le mie convinzioni rispetto all’amore e alla relazione di coppia?
- mi sento libero/a di comunicare ciò che sento e penso? Cosa me lo impedisce?
- come sta la mia autostima?
- quali sono i miei bisogni? E in che modo li soddisfo?
- quali sono i miei principi e valori e come li agisco?
Come si interrompe una relazione basata su un amore malato?
Il primo passo è dato dal riconoscere che ci sia qualcosa che non va e prendere consapevolezza del fatto che si stia vivendo una relazione malata.
Poi è opportuno comprendere il da farsi e agire conseguentemente affinché la situazione non degeneri.
Di estrema importanza è non esitare nel chiedere aiuto a persone di fiducia e, laddove sia necessario, a professionisti.
E ricorda: TU prima di tutto!
Ringrazio la dottoressa Elena Mattioli, psicologa psicoterapeuta transpersonale e Health Personal Coach, per le risposte.
Ti aspetto il prossimo mese con un’altra intervista. Vuoi scoprire l’argomento in anteprima? Iscriviti alla newsletter.