Essere padre

Essere un padre oggi: riflessioni di una madre

Il 19 marzo è la Festa del Papà, ma cosa vuol dire essere un padre oggi?

Ho voluto raccogliere alcune riflessioni dal mio punto di vista, quello di mamma e donna.

Scrivere un articolo riguardo l’essere un padre oggi per me è un po’ anomalo.

Se segui Pink Mojito magazine sai che non abbiamo mai parlato della figura maschile, ma se parliamo di madri non possiamo non parlare di padri.

Tutte le donne, che vogliono avere figli oppure già li hanno, sanno che dovranno gestire il rapporto madre / padre.

Un rapporto che spesso è pieno di squilibri e il cui peso maggiore ricade sulla donna.

In questo articolo vorrei affrontare proprio questo tema perché, ora che sono mamma di due figli e ho deciso di non lavorare (o quasi) per occuparmi di loro, lo vivo tutti i giorni.

Essere un padre ieri, oggi, domani

Essere un padre ieri

Un tempo accudire i figli era compito esclusivo della donna a prescindere se lavorasse o meno.

Mia nonna, finché mio nonno era in vita, aveva l’incarico di occuparsi di ben 3 figli nati a distanza di 1 anno l’uno dall’altro. Lei è stata maestra e lavorava quando i figli erano piccoli. Più volte l’ho sentita parlare di ciò che era obbligata a fare e mai una volta che si sia lamentata. Erano gli anni ’50.

Mia suocera ha messo al mondo 3 figli. Lei è casalinga e lui era infermiere. Una condizione molto comune nell’Italia degli anni ’70. Quando parliamo di ruoli in casa, mi dice sempre: “voi siete fortunate, non come noi”.

Mia mamma ha scelto (o quasi) di restare a casa ad accudire me. Erano gli anni ’80. Ha lavorato per brevi periodi finché non ha aperto un negozio. Poco dopo nel 1991 è nata mia sorella. Quindi una madre di due bambine, nate a quasi 8 anni di distanza, che lavorava e che doveva incastrare gli impegni lavorativi e famigliari. Mio padre? Era quasi tutto il giorno fuori per lavoro.

Essere un padre ieri significava lasciare che le madri si facessero carico di tutto ciò che riguardasse i figli (e non solo).

Essere un padre ieri significava doversi fare carico del totale sostentamento economico di una famiglia.

Essere un padre ieri significava a volte non essere partecipi della vita e dei cambiamenti del proprio figlio.

Essere un padre oggi: cosa è cambiato

Una volta, come abbiamo visto, era la madre che si occupava di tutta la gestione della casa e della famiglia. Al padre era demandato il compito di sostenere il nucleo famigliare economicamente.

Oggi essere un padre è molto più difficile. Bisogna ammetterlo.

A loro viene chiesta più partecipazione nelle decisioni famigliari, più condivisione degli impegni, più presenza in casa.

Non possono più permettersi soltanto di lavorare e i motivi sono principalmente tre:

  1. la necessità di un secondo stipendio;
  2. la lontananza delle famiglie di origine;
  3. l’emancipazione femminile.

Quando si decide di avere un figlio bisogna mettere in conto che le spese aumenteranno e uno stipendio solo non basta. La donna deve tornare a lavorare, non solo per una questione di affermazione personale. In tale situazione madre e padre sono costretti ad alternarsi nella gestione dei figli e il sostentamento economico della famiglia ricade su entrambi.

Le famiglie sono sempre più sole, perché spesso i figli decidono di spostarsi in altre città per lavoro. La distanza fisica dalla propria famiglia di origine ha determinato un coinvolgimento maggiore del padre nella gestione dei figli. Ricorrere a una baby sitter incide non poco sul bilancio famigliare e non sempre le famiglie possono permetterselo.

Essere un padre oggi e l’emancipazione femminile

L’emancipazione femminile e le lotte per i diritti delle donne hanno portato inevitabilmente a una trasformazione dei ruoli in famiglia.

Ormai la gestione dei figli e della casa non è più compito esclusivo della donna. Nelle famiglie odierne la figura maschile è totalmente coinvolta in un modo o nell’altro.

Siamo passati dal “è normale che sia la donna ad accudire i figli” a “il padre deve fare il padre”, in cui quel ‘deve’ sembra, a mio avviso, più una minaccia che un desiderio espresso o una volontà.

Questa situazione, però, è figlia di un estremismo generato dalla tanto sbandierata emancipazione femminile.

I padri si vedono costretti a ricoprire un ruolo che non gli è mai appartenuto e noi madri spesso pretendiamo che lo facciano come se ci potessero sostituire in toto.

Con questo, sia chiaro, non sto dicendo che il padre non debba contribuire alla vita della famiglia, ma semplicemente che non è stato abituato a farlo ed è così che si giunge alla definizione di “mammo”.

La nostra società non è solita assistere a un padre che si prende cura dei figli, o addirittura della casa, in assenza della madre e quindi non lo chiama col suo nome, bensì ne ha coniato uno nuovo: ‘mammo’, una mamma al maschile.

Per chiarire questo concetto ho chiesto a Diego Di Franco una sua opinione in merito.

Lo seguo su Instagram, dove lo trovi come @ilmeravigliosomondodeipapa. Attraverso il suo profilo racconta che un papà può scegliere di rimanere a casa, così come lo fanno da sempre le mamme.

Lui si definisce così: “chiacchierone e instancabile, mi occupo a tempo pieno dei miei figli. Nel mio ‘meraviglioso mondo dei papà’ mi arrabbio solo se qualcuno mi chiama ‘mammo’”.

Ecco qui sotto il suo pensiero.

Siamo nel 2022 eppure c’è chi ancora pensa che la crescita dei figli e le faccende domestiche siano una prerogativa femminile.

Tanto è vero che chi, come me, invece dimostra che anche un uomo è in grado di occuparsi di entrambe le cose, viene chiamato “mammo”. Magari credendo possa essere addirittura un complimento.

Un po’ come quando si dice a una donna che ha “le palle”, come se l’unico modo che esista per elogiarla sia obbligatoriamente paragonarla a un uomo.

È arrivato il momento di chiarire una volta per tutte che all’interno di un nucleo familiare non esistono ruoli ben definiti. I genitori possono essere interscambiabili e soprattutto un genitore maschio che si occupa di casa e figli non è un mammo, ma semplicemente un papà!

Essere un padre oggi… per i figli.

Quello che ho potuto constatare, però, è che per quanto i padri possano metterci tutto l’impegno per sostituirci, non potranno mai farlo al 100%.

Questo non avviene per colpa nostra, ma sono ben altri i soggetti che non lo permettono: i figli.

Ebbene sì, sono proprio i figli che al padre chiedono attenzioni diverse da quelle che chiedono a una madre perché, è proprio vero, “la mamma è sempre la mamma”.

Quando la mia prima figlia era neonata, pensavo che dopo il periodo iniziale il papà avrebbe potuto occuparsi di lei. In fondo è sempre stato presente. Ha imparato a cambiarle il pannolino, era lui che le faceva passare le coliche tenendola in braccio, lui che spesso la addormentava. Poi mia figlia è cresciuta e per quanto sia legata al papà ha bisogno di me molto più di lui.

Quello che non va sottovalutato è che la maggiore presenza di un padre nella vita di un figlio ha comunque molti aspetti positivi.

Stare più a contatto col proprio figlio permette a quest’ultimo di imparare ulteriori stati d’animo e emozioni, che non sono gli stessi di quelli espressi dalla mamma.

Legato a questo c’è ovviamente la possibilità da parte del bimbo o della bimba di imparare a conoscere modi di comportamento differenti, perché mamma e papà sono due persone diverse e agiscono in modo diverso.

La maggior partecipazione di un padre all’interno della famiglia trasmette al proprio figlio un importante insegnamento: in una famiglia ognuno deve dare il proprio contributo.

Con questo articolo ho voluto solo fare una piccola riflessione su cosa voglia dire essere padre oggi.

Ovviamente questo è solo un mio punto di vista, basato su ciò che ho vissuto negli ultimi 3 anni.

La mia speranza è che i nostri figli crescano lontani dai comuni stereotipi che hanno accompagnato la nostra infanzia e che i padri (o le madri) siano liberi di scegliere in base alla loro volontà e alla loro persona che tipo di genitore essere e non sulla base di preconcetti ormai sorpassati.

Buona festa del papà!

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