donna in ufficio mentre legge il giornale

Perché le donne guadagnano meno degli uomini?

Proviamo a rispondere a questa domanda

 

Ricordo mio padre che, da uomo lungimirante, mi spronava a studiare e a crearmi un futuro lavorativo, prima ancora che a pensare di formarmi una famiglia. Perché se il lavoro nobilita l’uomo, diceva, lo studio e l’istruzione affrancano la donna dalla dipendenza economica, consentendole di avere una vita autonoma e ricca di soddisfazioni. Ma è davvero così?

Un paio di anni fa (2015) l’Istat ha rilevato che l’Italia, rispetto alla media dei paesi europei, è ancora in forte ritardo in termini di scolarizzazione. Tuttavia, nel settore dell’istruzione e della formazione, le donne italiane sono più istruite e superano percentualmente gli uomini, ottenendo risultati migliori e competenze specializzate: nel 2014 la differenza tra uomini e donne laureati era tutta a vantaggio di quest’ultime, con un divario di ben il 10,3%.

Bene, quindi?

Prima di esaltarci per questi risultati, meglio fare un grosso respiro e prendere fiato perché un’altra ricerca, questa volta del Word Economic Forum (Global Gender Gap Report del 2014) ci racconta che per le donne studiare tanto e bene non sempre (quasi mai?!) equivale a raggiungere posizioni di successo o apre la strada a lavori gratificanti e soprattutto ben retribuiti, i quali restano invece in gran parte appannaggio degli uomini. Addirittura, all’interno della colta ed evoluta Unione Europea – e no, non parliamo mica di Paesi in via di sviluppo! – le donne guadagnano in media il 16% in meno. E se in Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca le retribuzioni delle donne sono inferiori rispetto a quelle degli uomini quasi del 20%, non è che in Italia le cose siano tanto diverse perché in ogni caso lo svantaggio salariale che ci contraddistingue è del 10%.

Quali sono i motivi – almeno alcuni – di questa differenza di salari tra uomini e donne?

  • la necessità di coniugare le esigenze dell’accudimento familiare con il lavoro tende a far scegliere alle donne lavori meno impegnativi in termini di tempo (l’istituto del part-time viene utilizzato soprattutto dalle donne), che di mansioni e responsabilità; nonché a rinunciare a fare straordinari, trasferte, riunioni extra-orario. E ciò automaticamente comporta una retribuzione inferiore, una minore possibilità di carriera e quindi poche possibilità di migliorare la propria posizione economica: un vero e proprio circolo vizioso che non trova fine;
  • una difficoltà maggiore nell’accedere a carriere e posizioni di vertice, in cui vengono percentualmente privilegiati ancora gli uomini per la loro presunta abnegazione all’azienda. È successo anche a te, ad un colloquio di lavoro, di sentirti chiedere se avessi figli o avessi intenzione di averne? Domande che sottendono scelte discriminatorie;
  • alcune professioni e mestieri tipicamente femminili o in cui le donne sono la maggioranza (es.: assistenza, educazione infantile, house-keeping) hanno storicamente retribuzioni più basse, quasi che il lavoro delle donne avesse un peso – ed un valore – minore rispetto a quello degli uomini.

Insomma noi tanto brave, ma alla fine – se va bene – finiamo a fare le segretarie; gli uomini abbastanza ciucci ma promossi di default a fare i manager. Ovviamente non è esattamente così. Rispetto ad alcune decine di anni fa le cose stanno cambiando e sempre più sono le posizioni di responsabilità ricoperte da donne, che, ovviamente, hanno dovuto fare una fatica doppia, se non tripla, rispetto ai loro colleghi uomini, pur di raggiungere il traguardo.

Ho l’impressione, però, di non averti detto nulla che già non sai e non certo per aver letto report, tabelle e relazioni. Vero?

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